L’origine della parola lobby risale al latino tardo medievale laubia, loggia o portico. A partire dall’800 venne associato all’immagine dell’anticamera prospiciente le sale del potere: questa accezione deriverebbe proprio dalla “lobby di Westminster”, la zona del Parlamento britannico in cui i deputati erano soliti incontrare il pubblico prima e dopo le sedute parlamentari.
Il Libro verde per la trasparenza adottato dalla Commissione europea il 3 maggio 2006, definisce il lobbying come «l’attività svolta al fine di influenzare l’elaborazione delle politiche e il processo decisionale delle istituzioni europee» che «rappresenta una componente legittima dei sistemi democratici poiché può contribuire a richiamare l’attenzione delle istituzioni europee su alcuni problemi importanti».
Ma in che modo possono le lobby – le società di rappresentanza – costituire un’opportunità per i sistemi democratici, in particolare per quello europeo? E come si sostanzia la partecipazione dei gruppi di interesse all’elaborazione delle politiche europee?
Innanzitutto, quella del lobbying è un’attività che contribuisce attivamente a migliorare la partecipazione e la rappresentanza dei cittadini. Da un lato, infatti, le associazioni di rappresentanza operano come canale d’accesso alle istituzioni, consentendo alla società civile di poter dialogare con i protagonisti del processo decisionale europeo, allo scopo di portare all’attenzione dei policy makers le istanze, scambiare opinioni, e dunque tutelare determinati interessi in un contesto istituzionale oggi mutato, nel quale le dinamiche decisionali non sono più esclusivamente determinate dalle governances nazionali e locali ma hanno sempre più raggiunto una dimensione europea; dall’altro lato le lobbies contribuiscono, attraverso un approccio del tutto consulenziale, a fornire ai decisori politici competenze ed informazioni tecniche su precisi temi, utili durante il processo di agenda-setting, in modo che le istituzioni dispongano elementi sufficienti per valutare le scelte da prendere.
In altre parole, la rappresentanza di interessi agisce come infrastruttura sociale ed economica in grado di avvicinare attori della società civile e responsabili delle decisioni pubbliche, garantendo che le politiche dell’UE rispecchino le esigenze dei cittadini.
Rispetto alla seconda questione, il sistema multilivello dell’Unione offre diversi canali di accesso: in primis, beneficiando del monopolio di iniziativa legislativa, la Commissione europea rappresenta il principale canale di accesso ed un punto di pressione strategico per le lobby europee. Nello specifico, le Direzioni Generali di cui è composta, ciascuna delle quali responsabile di specifici settori politici, sono sede di interlocuzione per gli attori economici e le parti sociali.
Considerato l’ampliamento dei poteri legislativi in capo al Parlamento europeo, ed in particolare l’affermarsi, con il Trattato di Lisbona, della procedura di codecisione, (il Parlamento esamina e adotta congiuntamente al Consiglio le proposte della Commissione europea) questa istituzione ha acquisito nel tempo un’importanza rilevante nel processo di negoziazione costituendo per le lobbies il secondo canale di accesso alle istituzioni europee, in particolare mediante l’audizione dei gruppi di interesse da parte delle commissioni parlamentari e l’azione di pressione verso i deputati.
D’altro canto, il Consiglio dell’Unione europea, che rappresenta la dimensione intergovernativa, è meno soggetto a pressioni di natura lobbistica. In effetti, essendo il Consiglio formato da rappresentanti dei governi nazionali, i gruppi di interesse tenderanno a rivolgersi direttamente a quel livello. Similmente, per la sua natura autenticamente intergovernativa, il Consiglio europeo, che, peraltro, non negozia né adotta atti legislativi, viene considerato il canale meno accessibile per l’esercizio del lobbying.
Nell’intraprendere azioni per influenzare il processo decisionale a favore della tutela degli interessi rappresentati, le lobby devono sempre prendere come riferimento principale la salvaguardia della propria integrità e di quella del decisore pubblico, custode ultimo del bene comune. Per questo motivo, è essenziale regolamentare l’attività di lobbying, come del resto ha fatto l’Unione europea istituendo il Registro della Trasparenza.
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